lunedì 2 dicembre 2013

IN MACCHINA, ANZI CHE NO

il poeta è un fulmine di un secondo
che vuole diventare cometa eterna
nella pazienza delle parrucche
di tutti i "si dice così e non cosà",
ma la gioventù gli diluisce tutti i possibili paragoni
e allora si riduce a sgomberare il campo
da tutti i messaggi smisurati.
se ha amato,
è affare che riguarda solo lui,
ma la macchina pure era in affitto
e non porta rimpianti neanche lei.
la poesia così risulta così difficile
che per farla devi rinunciare al plauso degli altri
e sotterrarti solo nel scialbo plauso di te stesso.
saputo infine questo
i baioni declinano il cortese invito
e spariscono nei salotti
a trincare cicchetti,
e a guardare di sbieco le gambe delle belle donne.
(non c'è niente di male in questo,
"anzi", dissero in coro tutti i poeti).
GIUSEPPE D'AMBROSIO

domenica 6 ottobre 2013

ABBRACCIO CON FANTASMA



lei mi prende per invisibile
e invece sono io.
fatto di zero, va bene,
ma vado al mercato pure io
a comprar poesie, cioccolate
e paste scotte di contadini.
mi batto come posso
ma son fatto di nuvole
e ogni vento mi sbatte via,
mi acculturo sul giornale
ma se non è una mosca
ecco che viene una zanzara.
forse dovrei fermarmi,
pensare a tre capitoli
e smetterla lì.
ma sono in trappola
e me l'han scritto pure in fronte,
a caratteri di fuoco
che fanno pure un pò male.
ma son fatto d'aria
non si legge niente
e meno male che son nessuno
così non mi ride dietro
nemmeno lo spazzino 
quando al mattino mi vede uscir di casa.
lei per fortuna è una grande immaginaria
così torno a esistere
e mi riesce pure di abbracciarla.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

venerdì 4 ottobre 2013

ROMANZO IN UNA FOTO



due persone guardano,
una da un ritratto
una da una televisione.
lei intanto sta per andarsene
con la sua bellezza, la sua lussuria,
la sua estrema indifferenza.
lui vuole salvarsi
ma è lì lì per affogare,
lo tirano giù il telefonino,
quattro matite
e l'amore di lei che non è mai esistito.
certo è stato felice e non lo nega,
ma forse solo con la sua illusione
e perdipiù è già ottobre.
si salva solo perchè il soffitto è fatto d'acqua,
allora lui riemerge
e torna nel suo mondo fatto di niente
ma almeno più tranquillo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA VERA PARTITA



facciamo sempre quello che ci dicono loro,
non possiamo fare altrimenti.
la vita è un gioco d'azzardo
dove per forza devi puntare tutto,
o quel niente che ti rimane in mano
dopo che sei stato felice.
così capisci che la partita non è sulla posta
ma per la partita stessa.
si vince giocando
anche se perdi su tutta la linea,
a questo sono in pochi che ci arrivano.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LINA



le telefono sempre una volta la settimana,
qualche volta anche di più,
dipende dalla scheda del mio telefono,
se è piena, se è vuota, se non si sa com'è.
lei non telefona mai,
nemmeno se mi cade la linea.
"come va? come non va?
i bambini. i ciucci grossi.
la pioggia. il sole. la neve.
chi è morto, chi è vivo."
il paese è comunque sempre lì,
non lo sposterà nemmeno il demonio
quando un giorno rifarà il mondo.
"vuoi parlare con papà?"
"sì, certo".
mio padre ha 94 anni, 
portati con una certa buona salute.
fino a qualche anno fa andava ancora 
con la bicicletta in campagna
a innaffiare i fagiolini,
a raccogliere i pomodori, 
a guardare se veniva su bene la vendemmia.
ora s'è quasi stancato,
certi giorni non vuole quasi del tutto mangiare.
"come va, papà?"
"si tira avanti la vita", risponde invariabilmente lui
e si fa sempre un mezzo sorrisino.
"beh, di questi tempi
la tiriamo un pò tutti la vita avanti,
e con una certa fatica pure".
"quando vieni?"
"appena posso".
"io son qui, ti aspetto. 
certo non posso venire io a trovarti."
io gli dico ancora qualche cosa di milano,
lui del paese non sa più niente
"non esco più", dice laconicamente
a mò di giustificazione
della sua assenza di notizie.
poi mi chiede dei bambini.
mi saluta augurandomi la buona notte.
"pensa a te", mi dice pure qualche volta.
poi mi ripassa lei, Lina,
la mia sorella maggiore.
lei mi saluta e si raccomanda
di salutarle e baciarle i bambini.
poi mette giù.
la scheda del telefono quasi sempre si scola,
per le maledette e oscure tariffe
della compagnia delle banane.
son 3 o 4 anni che vanno avanti queste telefonate.
telefono tutte le domeniche, di sera.
se non telefono
è solo perchè ci ho quella maledetta scheda
a zero.
io ho due sorelle e un fratello,
ma telefono solo a lei, a Lina,
non so perchè,
forse è perchè, come dice lei,
sono un tipo molto strano,
o forse perchè lei è stata l'unica
che non si è mai fatta venire il dubbio
che io fossi suo fratello.
e poi naturalmente perchè con lei c'è mio padre,
ma anche se mio padre fosse da solo,
telefonerei a lui
e anche a lei in ogni caso.
comunque devo pure confessare
che le vere motivazioni di tutti gli uomini
sono sempre in ogni caso molto strane,
non solo le mie.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

SOUTINE



"ti prego, ritorna", disse lei.
"non ci ho più niente da fare insieme a te", disse lui.
"non importa, ritorna lo stesso", disse lei.
lui andò e non tornò più. 
lei lo aspettò per tutta la vita,
e ancora ora aspetta
in un quadro che gli dipinse 
il maledetto che l'abbandonò.
c'è davvero bisogno di pensare
a ciò che si fa nella vita,
perchè una volta fatto
la si fa sempre per l'eternità. 
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

BULGAKOV E MARGHERITA



te eri il maestro lei era la musa,
per poco non ci finivi al manicomio
per così tanta ispirazione,
il poco pane
e gli agenti spioni alle calcagna.
ti telefonò il compagno Stalin e ti disse:
"ne hai proprio così tanto pieni i coglioni di noi?
perchè te ne vuoi andare all'estero?"
"non mi fanno lavorare. nemmeno a teatro
mi prendono più anche solo per comparsa.
se non mi fate andar via, 
tanto meglio farla finita",
dicesti tu al compagno  Stalin.
"vai al teatro che più ti piace
e vai a chiedere lavoro", disse il compagno Stalin.
"non mi prende più nessun teatro
per tutta Mosca
che pure è così grande
e tutta piena di bei teatri", dicesti allora tu.
"vai, vedrai che ora ti prenderanno", 
disse allora il compagno Stalin.
tu andasti e ti presero per comparsa
a un teatro di quarta categoria
della grande Mosca,
che tu sapevi che era proprio grande.
non ti fecero pubblicare più
ma insieme a te era la musa,
e tu volasti insieme a lei su tutta quanta la città,
facesti finire sotto un tram il direttore del teatro,
il capo del manicomio che ti aveva visitato impazzì,
il demonio inventò il denaro
e fece rincoglionire tutta Mosca in un sol botto,
che ancora mi sa che non si son ripresi del tutto.
il compagno Stalin invece non si fece più sentire.
se due più due fa quattro
mi sa che alla fin della fiera hai vinto proprio tu,
caro maestro Bulgakov.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

VECCHIA PORTA TICINESE



arco di marengo di porta ticinese,
dove all'unisono si danno appuntamento
l'albero della libertà,
il liceo della gioia
e quella filosofia di cui mai venimmo a capo.
pasticcini, dolciumi, caffè,
molto freddo,
e questo non molto zuccherato
per tipi come noi
che i furbi li abbiamo sempre scansati
e lo stipendio ce lo passa Cristo
all'insaputa di tutti i diavoli.
pasta scotta in trattoria
e un bicchiere alla buona
ma sempre per brindare
alla cara salute di tutti quanti,
mai nessuno escluso.
la foto alla tavola
e i tavoli delle scuole elementari là vicino
a farci ridere ancora
delle vecchie beffe sempre giocate nei bar
con quattro nichelini ciascuno.
il conto sempre salato
anche se si mangia sempre da cani,
ma tanto il vaglia è in partenza
e la nostra donna ci tradisce sempre
quando vuole lei.
e poi un trinchetto per ridere
e una poesia per piangere.
vecchia porta ticinese della gran milan
che ci portiamo sempre nel cuore,
tu certo ne hai viste più di noi
e mai che ti abbiamo sentito lamentarti
come noi pivelli
che più andiamo avanti
e meno di tutto quanto riusciamo poi a capire.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA BELLA PSICOANALISTA (che forse non esiste) E IL GIORNALISTA FAMOSO (questo forse esiste)



"dimmi che pensi senza pensare a niente",
disse la bella psicoanalista.
"penso sempre di fare l'amore con una bella donna,
tenendo la testa sulle sue belle gambe
fasciate di calze di seta
e di toccare inavvertitamente con i miei capelli
le sue belle bocce sode", disse lui, 
un giornalista davvero famoso.
"beh, se è un sogno ci sei molto vicino", disse lei.
"non vorrei sembrar scortese ma qui il giornalista sono io", disse lui.
"che vuoi dire con questo?", disse lei.
"i sogni dei giornalisti è mille volte più bello farli che realizzarli, per questo mi son scelto una bella psicoanalista, per fare un gran servizio sulla mia ingegnosa intelligenza", disse lui.
"così te ti ritieni intelligente?", disse lei.
"certo, gli uomini più intelligenti le donne le sognano soltanto, naturalmente solo quelle belle, e poi fanno quello che vogliono nei loro servizi giornalistici senza mai rendere conto a nessuno se non alle loro psicoanaliste che poi esistono solo nelle loro menti malate. è così pure che si diventa grandi scrittori", disse lui.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

ODIO E AMORE



"ti voglio bene ma mi vien voglia di strangolarti",
disse lui.
"va bene, fa' come vuoi, tanto io sono tua", disse lei.
lui la strangolò e fece un bel film.
lei venne strangolata 
e se ne andò a casa,
nell'oscuro della sua vita
senza mai più aspettare l'amore.
l'amore ama e odia,
è un'antinomia che molti stentano a credere.
non sanno nemmeno che l'odio non si riposa mai,
appunto perchè è odio,
l'amore invece si riposa
specialmente dopo che ha fatto l'amore.
l'amore è amore e odio,
ma l'odio è odio e basta.
chi mena mazzate però
non sono nè l'amore nè l'odio
ma delle persone vere
che non sanno praticamente nulla
nè dell'amore nè dell'odio.
la questione secondo me si risolve
prendendo il coltello dalla parte del manico
e non da quello della lama,
cioè dalla parte dell'amore
e non da quella dell'odio,
e ricordandosi sempre
che il coltello serve solo per tagliare il pane
e a nessun'altra cosa al mondo.
e certo poi è pure sempre questione di fortuna,
ma la fortuna bisogna pure saperla vedere,
e se non è fortuna l'amore a questo mondo
cos'altro può essere?
l'odio non è buono nemmeno a pulire il pavimento
perchè quello è capace solo di sporcare,
specialmente le anime.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

L'OMBRA DEL LUPO



la donna sfasciafamiglia
ha sempre fame di una caramella
che si chiama "felicità".
la vede negli altri e la vuole per sè.
la felicità degli altri non sarà mai compiutamente
nè parzialmente la nostra,
per il fatto stesso che appartiene ad altri
e non a noi.
quando qualcuno malauguratamente se ne impossessa,
si impossessa di un grumo rancido
fatto di invidia,
odio represso
e furfanteria.
una miscela esplosiva 
che fa male a scoppiare nelle mani di chiunque,
anche naturalmente della femmina sfasciafamiglia.
anche lei alla fine si sfascia
e non si può più dire se è contenta
del suo stesso dolore
o del dolore degli altri,
o di tutte e due le cose messe insieme.
i giornali dicono solo una cosa:
che vendono molto bene con storie di questo genere.
e c'è davvero gente molto triste
che gli piace un sacco la tristezza del mondo,
quando sono contenti per altri motivi
che non sono le loro tristezze
arrivano perfino a dire
che il postino s'è sbagliato
e quella cartolina dal paradiso
era sicuramente
per qualche altra persona,
chissà chi,
ma certo non loro stessi.
comunque certo ogni giorno è un giorno,
e secondo me anche se è un giorno triste
è comunque un giorno bello
perchè è pur sempre un giorno.
ma io sono un inguaribile ironista
e la mia opinione non mettetela in conto
ai tanti droghieri  in giro per la strada.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

UN UOMO DI NOME FRANZ KAFKA



Kafka aveva 3 spose
e mai se ne sposò una.
aveva paura di perdere la penna,
il quaderno
e pure il tavolo.
i suoi sogni gli dicevano di starsene all'erta
e lui così preferì restarsene di guardia
a quel castello dove mai l'avevano fatto entrare,
ma d'altronde dentro non c'era nemmeno niente.
gli rimasero tanti manoscritti,
quelli che voleva salvati si persero
quelli che voleva persi si salvarono,
aveva forse sottovalutato 
il fatto di essere proprio lui 
l'uomo di nome Franz Kafka.
dopotutto era lui stesso
che s'era inventato così
non scansandosi assolutamente
da tutte quelle tegole d'assurdo 
che quotidianamente ci cadono in testa.
invece di dire "ahi!
dovremmo 
anche noi cercare di rispondere al telefono
a questo stralunato agente letterario.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

giovedì 3 ottobre 2013

LA PERFEZIONE



la perfezione l'ho incontrata qualche volta
ma non è durata molto,
si ficca sempre da qualche parte 
un granello di polvere,
un assioma falso,
una gelosia da 4 soldi
e si perde tutto
come per una corsa di cavalli
andata buca.
si apprezza incenso e capitale
e bisogna ricominciare tutto da capo,
ma il gioco è bello
solo che noi siamo così inguaribilmente idioti,
paranoici,
mezzi pazzi.
ma la bellezza si presta a tutto questo,
non si può assolutamente rimaner normali
con lo stesso motore della vita
in avanti tutta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL PROFUMO DEL SOGNO



il profumo del sogno
è un colore che ti accende il cervello
di tanti dialoghi osceni,
è sempre colpa di quel romanziere
che ci fece perdere tre anni di notti
e solo per prendere un poco del suo freddo 
in siberia,
son cose che nessuno crederebbe
perchè non sanno come si taglia il fieno
in montagna
e come si pesca la cozza nella bagnarola.
se qualcuno me l'avesse mai chiesto
io di certo avrei dato 
quel mio miliardo di poesie fallite
per quel casino di campagna
dove sempre io sono andato a raccogliere le olive
con zimarri e tamarri
che mai hanno capito un cazzo della vita
e che sempre hanno voluto regalati i miei libri,
come se non me li fossi sudati anch'io
come i loro sacchi di mandorle
raccolte sotto il sole cocente
in quel maledetto mare di pidocchi
che ci volavano attorno.
comunque così imparo a pisciare controvento
una volta per tutte,
mentre quel buzzurro di mio padre
si sceglieva sempre l'albero più grosso
e si riparava sempre dietro,
fosse stata pure la regina di costantinopoli,
appena arrivata dal monastero.
un poeta,
mi dicono pure ora
e non mi danno manco una lira.
tanto di poesia ci campano tutti
senza mai curarsi di pagare la bolletta del caffè
a chi sta su tutte le notti
per lisciare le loro paturnie.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

DESTINO PULP



mettiti tu a parlare con il tuo destino
che fa il finto muto fin da quando sei nato.
in quella strada di polvere bianca
dove i caproni andavano a buttare
i loro ceci neri
e tuo padre ti cacciava 
perchè andavi a giocare con le galline.
"vattene a casa tua, tu", mi sgridava
e mi dava scapaccioni in testa.
già, ma quale era casa
se avevo solo 3 anni
ed ero nato su quei gradini?
il destino è il più gran testa di cazzo
che tu possa conoscere,
ti rovina la vita
e intanto ti convince che tu te la goda alla grande.
e dopotutto il destino è il nostro carattere,
un demonio che non è lecito
scherzarci troppo insieme.
ti bastona sempre
e non ti chiede mai scusa.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

CHI SIA IL TUO PROSSIMO



chi sia il prossimo
te lo leggi nell'occhio di diamante
che ti regala il pubblicitario
con la sua faccia da culo.
non è vero niente,
ma tu con angoscia 
te lo vai chiedendo a ogni angolo,
chi sia il tuo prossimo
e perchè è proprio vero che ti vuole morto
anche se non ti ha mai visto prima.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

SPARATORIA PER FURTO DI SPOSA



si rubano spose anche dall'altare,
scappando in motocicletta
pure senza benzina.
è un tempo che la coscienza morale
si lega con due sputi di caramella,
l'etica è solo una barzelletta
da settimana enigmistica,
da imitare perlopiù a sera quando si guarda la tv.
son romanzi da uccidere a piacimento
declinando un verbo latino
che nessuno usa più
se non per condannare l'avvocato avversario.
la coscienza morale ormai
è solo un gatto seduto in poltrona
che tira la lingua di lato
e ha occhi di uomo:
le spose in circolo sono di chi spara più lesto
e ha più soldi in saccoccia,
nessuna bellezza in reggicalze
ha mai amato le pagnotte che danno in chiesa
le pie donne timorate di Dio
(naturalmente quel Dio
che anche loro vedono solo in tv).
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

TUTTI QUEI SOLDI



non si scartoccia la poesia americana.
resiste pure alle forbici,
ma tutta quella potenza di vita,
quella follia,
tutti quei soldi
sono cose che solo un poeta americano può capire,
noi greci antichi siamo ancora per mare
che peschiamo sirene con ami di zucchero,
ci piace assai starcene al sole a noi
a ridere con Zeus delle cose del mondo
che perdere tutto quel tempo
a correre dietro a tutte quelle uova che suonano
e dicono che la pasta non è mai cotta per noi,
ma solo per quei criminali
che mangiano banche 
quasi fossero cosce di pollo
senza città di uomini tristi dentro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

UN FILM TERRIBILE L'ODIO CHE NON HA MAI FINE



    mille e mille romanzi di avventure,
di sparatorie, di latrocinii, di sesso spettrale
per dire che il film è reale
ed è mille e mille volte più spaventoso
del più ridicolo spettacolo di woody allen,
ma nessuno ci crede,
nemmeno woody allen.
a suo e nostro danno e pericolo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

lunedì 30 settembre 2013

IL VERO ROMANZO



un romanzo mi rimetterebbe in piedi
ma il pane è da un'altra parte.
ho bisogno di mettere insieme 4 o 5 maschere
e far ballare un pò me stesso.
ma mi manca la bancarella,
i contanti
e un pò d'amici sinceri.
ho un tavolo pieno di cazzate,
un cielo azzurro alla finestra
e una penna con la febbre,
forse ci riesco lo stesso a combinarci qualcosa.
e una scuola di bambini
dove io non riesco mai
a farmi sbattere fuori.
dovrebbe venirne fuori una roba decente
se riuscissi a farmi finanziare
da quel vento strano
che è il nulla del mio tempo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

SI VIVE SOLI




si vive soli,
con qualche discorso messo in piedi accanto.
qualche ciao,
qualche arrivederci,
qualche addio.
un dolcetto nella madia,
una pistola nel comodino.
un pugno stretto sul nulla,
un pensiero di traverso nell'infinito.
per il resto il cielo è nuvolo
e i tetti tutti pieni di merda di cornacchie.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL FETICCIO



si vive tutti per un feticcio,
il senso della vita è solo qui.
ci nascondiamo nell'ombra di un idolo
perchè in realtà abbiamo paura di noi stessi.
la verità è un'altra maschera
dove ognuno nasconde se stesso.
se davvero scopri te stesso
trovi solo un ridicolo pagliaccio
alla più grande fiera delle vanità
possibile e immaginabile.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

OGNI CUORE HA IL SUO DELITTO




ogni cuore ha il suo segreto,
e certo la miglior cantante
è sempre la menzogna.
si sospetta sempre un gran delitto
e invece è un letto felice buttato
dalla finestra.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

NOTIZIA SUL GIORNALE



ti ho letto sul giornale, sai,
era un mercoledì delle ceneri
e tu t'eri scordata le ciabatte in chiesa.
il sagrestano suonando le campane di notte
trovò il tuo misfatto
scolpito sul materasso.
era una testa malata di terracotta
che tutti prendevano 
per un grande cuore innamorato.
ti spacciavi sempre per un'allegra bigotta
e invece assassinavi bibbie a pagamento.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA FOLA DEL PRIVATO



la fola del privato,
si ingaggia un ladro
per costruire un tribunale.
la vita vera
fiorisce sempre in un manicomio,
che crediamo intanto,
tra una partita e l'altra,
la suprema università
della filosofia.
in guerra si combatte,
chi discute ha già perso.
l'asso raccoglie sempre tutto,
e sotto il tavolo
c'è sempre uno spione impotente.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

L'ASSALTO ALLA SPOSA



il meccanismo dell'ombra
te lo accende la bionda,
che in pratica è una bambola sognata.
poi là dentro c'è un'altra donna,
mentre tu dai l'assalto alla rocca
senza mai capirci niente.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

C'E' UN BULLO NELL'AMORE



c'è un bullo nell'amore e te lo raccomando,
è la sproporzione dell'attesa
sulla realtà.
è il fiore nel sistema contabile,
che sbatte la sua stupida corona
sulla sbronza generale del soldo vigliacco
e traditore.
è la pietruzza del sogno che si crede montagna.
intanto la strada alberata e odorosa
ti porta al manicomio.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA SAPIENZA SCONOSCIUTA DEL CORPO



la volontà del corpo parla per conto suo,
non sta mica a pensare a te.
è un demonio bizantino
che non ha mica la faccia di un libro,
di una logica riconoscibile.
il corpo ha una sua sapienza superiore
che non vuole condividere con nessuno,
meno che meno con gli einstein del momento.
il cervello se ne va come una noce nella corrente,
il cuore se la ride come un pomodoro sotto il sole,
il fegato sogna come un sacco di fagioli in cantina,
i capelli crescono come il grano sulle colline.
tutto per bruciare come in un forno
per una passione d'amore.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

FOLLIA D'AMORE




la follia è pesante da portare,
è bollente da assaggiare,
ti brucia le labbra e il cuore.
è un anfiteatro romano dove balla furioso
sempre un amore andato a male,
un giardino delle delizie
dove un demonio si diverte un sacco
a soffiare nello stupido zufolo
del tuo senno perduto.
tu credi di essere un guerriero
ma sei invece un servo balordo
di un lunghissimo affanno che ti ruberà
anche il tuo più minimo onore.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO 

L'ETERNO LICEO



aspettare insieme a te, là proprio all'angolo,
quella corsa d'amore
che devo fare per correggere le mie angosce
e che non mi va più di fare,
perchè anche i piccioni son stanchi
di andare su per i tetti
in questi giorno tetri d'autunno,
in nome di quel grande romanzo
dove per filia di dannazione
si bruciano miliardi di follie.
ma questo è pure l'amore,
una stanchezza flaccida
che manda ancora un pò di luce.
io per conto mio tradurrei ancora Novalis,
ma ne ho pure alquanta paura.
i miei maestri ormai son tutti via,
e io sto qui a illanguidirmi
con uno sguardo perso
che spaventerebbe qualsiasi libro.
mi svegliano le lasagne da riscaldare
al mio figliolo che è anche lui oltremodo stanco
di continuare a frequentare questo maledetto
eterno liceo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

martedì 17 settembre 2013

ALBERI NELLA PENOMBRA

bruciamo come alberi raccolti nella penombra,
amando pallide visioni,
come ragazzini bugiardi
in attesa di scappare.
ma il tempo dei gatti giovani è trascorso,
ora si tratta di imparare a ridere
assistendo alle più atroci vigliaccherie.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

ANIMA, CHE PAROLA PER MATTI

anima,
che parola per matti.
in segreto licenziamo in tronco i sentimenti
e poi truci
ci appassioniamo ai numeri dei vecchi serpenti.
siamo lucide carogne dalle mille risorse,
viviamo di calunnie e lamenti.
e ce ne andiamo già storditi del nostro
in quei turpi barconi da vacanze seriali dallo spirito
a rimpinzarci di nulla molto alcolico,
di pietre frantumate in neve finta,
e ci crediamo davvero sinceri e puri,
mentre in realtà
prendiamo per il culo il mondo intero.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL BEL VESTITO

siamo innamorati di un vestito,
la ragazza può pure andarsene altrove.
noi ragazzi siamo matti.
facciamo l'amore con pizzi e calze di seta.
là svolgiamo la capriola metafisica
del cambio della guardia al firmamento.
portiamo castelli di giornali osceni
al nostro cuore
e lì diciamo di sedersi alla spiantata di turno,
l'importante che sia molto eccitante e sexy.
poi di mattina, tornando a casa,
piangiamo sulla nostra maledizione 
sporca di rossetto alla moda,
masticando bestemmie amare
sulla sorte appesa al vento
di questo squallido quartiere popolare.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

CAMION PIENE DI MUSE

si riempiono i camion ormai di muse d'accatto,
quelle che durano solo mezzo minuto
attorno al banchetto dei proci
che fanno la festa a Ulisse.
queste strane condottiere di bellezza
che alzano le loro coltri sui diafani balconi
del web,
scrivendo città intere piene di menzogne
mentre la serratura dell'infinito
è un pezzo 
che è diventato un unico blocco di ruggine,
e a social press e a sballon club
viene avanti il manicomio
con passo d'uncino,
che vuole aprirsi un dormitorio
per anime abbandonate.
intanto la poesia è nuda per strada,
e non la vede nessuno.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

L'INTIMO SEGRETO DELLA POESIA

raccontami alle spalle quello che sai di me
e dimmi che sono una terra lontana
che ride sola
in mezzo al mare.
nel ghiaccio di questa città
nuoto a braccio in mezzo all'odio
e al latrocinio,
ma ho la mia brava mente di artista
che manda a memoria la comunione
e vive di vuoto,
un pò come tutti.
demoliscono e menano mazzate,
e io ormai sono un disperso in mezzo a loro.
ma qui, su questa collina solitaria,
fiorisce ancora l'intimo segreto della poesia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO