venerdì 28 giugno 2013

LA BANDIERA DELL'OPERAIO

il prosciutto l'ho comprato
qua e là nelle botteghe bombardate,
l'offerta era nel lampo del saluto,
il pane non m'è riuscito di comprarlo,
m'erano finite le occasioni.
il sonno m'è rimasto per fortuna
e le mosche sono emigrate anche loro
in cerca di lavoro in terre senza uscite.
io se rinasco sabbia
voglio giocare a misurare il tempo
per vedere se torna il pane
sul mio tavolo.
ora mi gira un pò la testa
e vado a dormire sulla carta del mio prosciutto
liberato senza cauzione
da un giudice molto buono.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL TUNNEL DEGLI ANONIMI

vivere perennemente senza critiche
in fondo al tunnel di tutti i giornali
e accorgersi di stare andando a fuoco
con il bello che suona il piano
e il nano che l'accompagna al basso,
a rimescolare senza sosta la follia senza dubbi
del nostro esistere senza controllo,
da gatti perfettamente pazzi
ma almeno, allo stesso tempo, completamente liberi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

METROPOLIS

la metropoli è un blocco di desideri inesploso,
con il sole che brucia a poca distanza
sulla linea del tramonto,
dove le nuvole nascondono
le ultime tracce di bontà.
il pazzo ha il cucchiaio pieno calato nel piatto
di maccheroni e dollari,
si crede un ragno al centro della sua tela perfetta,
e invece è a corto di mutande pure lui
e puzza di merda
da far schifo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

TUTTI CON IL DESTINO DI NARCISO

ci  inseguiamo.
attraverso specchi stretti e accesi.
vogliamo essere certi di essere arrivati in paradiso,
mentre invece siamo con l'acqua alla gola
nella nostra misera cantina allagata.
ci specchiamo anche lì come Narciso.
vediamo sempre lo stesso bambino
messo alla porta 
da gente sconosciuta e cattiva.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

COPERTINA DI UNA VITA

giocati tutte le parole di fila
e poi vedi che vinci una vita di carta.
così a partite perse con donne strane
ci passiamo la vita
con le finestre aperte 
e le tasche sfondate.
noi uomini siamo molto poveri,
un cane ha di certo la ciotola più decorata.
le foglie gialle della nostra follia
non esiste vento
che ce le spazzi via.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

CI PARLIAMO CON ZUCCHERO E NULLA

ci parliamo.
son confetti dolci che ci portiamo sempre in tasca.
siamo eterni bambini.
andiamo pazzi dei dolciumi.
l'amaro se ne vada all'inferno.
la noce non pensa niente.
andiamo avanti come statue.
ci piace solo la grande zuccheriera della bellezza.
l'uomo è un razzo che si spara da solo
verso l'abbagliante nulla del suo conto sbagliato.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA BELLA PETTINATURA DI OGNI ROMANZIERE

una bottiglia
è un fiume in miniatura solo per te
e una tazza di pensieri
ti riempie di alberi la testa.
un romanzo è una bomba
che ti moltiplica Dio
e le tue mani forzano come edere
ogni muro,
vai incontro ai tuoi fratelli spensierato davvero
e bevi alla loro salute,
mentre l'oste ti fa pagare il suo oscuro trionfo
alla triste chiusura del caffè,
mandandoti via
quando tu non hai ancora finito di fumare
l'infinita sigaretta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA MUSA PERDE

la poesia è una carta dove puntano in parecchi,
non so se per voglia di scommessa
o per vincere l'affitto.
ma il momento è quasi impossibile
e il menù è dirottato per necessità
su un binario morto.
i pensieri vanno per marciapiedi larghi
e balliamo tutti da fermi
lo stesso gioco bloccato,
la verità è nostra
ma nessuno sa che farsene
se non si riesce manco a pagarci il brodo,
la domanda è la forchetta
e il punto
è sempre questo mondo.
i poeti sono in piedi
e non pagano mai manco il conto.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

giovedì 27 giugno 2013

L'ANNO DI LICEO FINITO

 e così son venute le figlie della neve
a suonare la chitarra zen
sul tappeto dei sogni di noi ragazzi
che abbiamo sempre creduto al grano
che cresceva da solo.
una caduta nell'acqua dolce
che non ci fatto per niente male.
solo correndo a perdifiato
sul confine di una sottile follia
che i più saputi di noi chiamano amore.
ma amore di che?
siamo solo studenti falliti di un falso d'autore
che chissà quale disco di loffio
ha mai suonato.
è notte, si dice un pò tutti quel che si vuole.
specialmente noi sbarba
che esplodiamo per nulla
in uno straccio venuto bene.
ci bocciano in greco e latino
e pensano che di razzi sulla luna
non ne sappiamo ancora niente.
ma la zuppiera ci ha suonato il candeliere
e la neve già cade da tempo
sulle nostre ferite aperte
di anime perdutamente innamorate
di belle ragazze così vogliose
del nostro grano impazzito per sempre
al vento di quelle mongolfiere di donne 
già fatte
e strafatte.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL RAGAZZO E' CRESCIUTO E GIA' COMBATTE AL FRONTE

l'apertura di fiducia dell'allievo verso il maestro
ci fa andare in un posto
dove la nave deve essere ancora costruita,
un cantiere di nulla
dove il bianco infinito però è già ben conosciuto.
soldati mandati al fronte
di una guerra mondiale
con ancora il manuale di storia greca
da studiare per la prima volta.
un'iniezione per andare avanti.
ma dove ci fa veramente male?
ci muoviamo tra le onde
ancora prima di prendere il largo.
sono diventato piacevolmente un puntino.
il ragazzo è cresciuto.
l'ortica di casa non se la ricorda più nessuno.
il nemico spara con i suoi obici pesanti e precisi.
noi siamo al fronte
con il nostro cuore in prima fila di attacco.
con il manuale di grammatica greca
ancora da studiare per la nostra bella primavera.
il ragazzo è cresciuto
e il soldato già combatte come un uomo,
con il manuale di storia greca in tasca
studiato solo per metà.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA VERITA' DEL PESCE

finiti a guardare quel che non saremo più,
ma pure ci piace vederci
in quel bianco furibondo
di pesci ammazzati.
eravamo onde una volta
e tempeste d'alto mare,
e ancora lo siamo
se in un certo modo ancora ce lo ricordiamo
e ne andiamo curiosamente fieri,
mentre gli altri continuano
a mentirsi in silenzio
del loro falso grado di generale
che in verità mai ha combattuto una battaglia,
nemmeno nel cortile
del suo fumo di moccioso.
noi è vero che ci han pescato
e miseramente siamo ora qui,
ma pur sempre siamo ancora nella luce,
nel nostro perfetto istante di raggiunta serenità
dopo il qualunque palco di guerra
della nostra vita furiosa in ogni minimo momento.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

BLUES DI RARA SOLITUDINE

il mio rivo d'inchiostro
nel deserto del mondo
mi rischiara il piano del mio strano equilibrio
che su due anime
attira la musica delle stelle,
che nella notte fa la parte
della mia calda parola
che mi vuole abbandonato
come una mente pazza
di un blocco di manicomio.
la dolcezza della stufa intanto
continua sempre a salvarmi.
siamo così spietati con noi stessi a volte,
che gli altri a saperlo
scapperebbero per sempre via da noi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA BANDA CHAGALL

cosa è il mondo 
lo sa il cielo che lo fa girare,
metà acqua metà petrolio.
come un occhio di Dio
che cerca il suo pacco speciale.
come un pinocchio perduto
che nel tempo spaccia le sue menzogne.
un giovane caso
lo fece nascere un giorno,
ora è abbastanza vecchio
e del resto rimane sempre unico
nella sua grande meraviglia di esistere.
come una visione di un folle
che mai si conoscerà del tutto
nella sua musica originale
di disperso nell'infinito.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA MOLLICA DELL'EGUALE

una intera gioventù salì al nord una volta
per tentare la sorte 
e la fortuna di una chitarra calda.
per astruso riferimento
un punto lontano splendente
di un'isola che non esisteva da nessuna parte.
l'intento era la mollica dell'uguale
e il poco della parola andata in fiamme.
si raccoglievano sogni
e non si chiedeva il permesso a nessuno.
eravamo in cima tutti quanti
e nessuno rimaneva mai indietro.
nè il pesce nè l'uccello,
nè la lepre nè la tartaruga.
quel che aveva Pietro
si dava pure a Paolo.
i treni di notte erano gli acquari utopici
delle nostre lunatiche vite.
i lontani lampi all'orizzonte
le promesse che ci facevamo a noi stessi,
e a quel che mi risulta
molti ancora mantengono
suonando blues da maestri
seduti per strada dietro il Duomo a Milano.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

mercoledì 26 giugno 2013

DOSTOEVSKIJ NEL VENTO

la felicità te la porta un attimo
in corsa nel vento,
come una scintilla del fuoco infinito
che per troppo silenzio
si è spento da tempo
nel cuore del mondo.
è cenere ormai
anche se ancora rovente.
e il Poeta si risolleva e cade
e vola ancora nell'aria gelida,
come un fiocco di neve
che vuole diventare per pura pazzia
un vagone di sorrisi
per tutti gli uomini.
il cosmo dell'uomo
lo vuole decifrare solo la carogna ormai,
ma il Maestro è lì, attaccato al lampione,
come un ubriaco,
in balia di ogni soffio di miseria.
e spera come è da lui,
e accende la pagliuzza del sogno
e decifra l'occhio splendente del mistero,
e ricomincia da capo,
come una volta,
staccando un altro giorno
dal celestino calendario del cielo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

DOSTOEVSKIJ E' NATO A MOSCA, ALL'OSPEDALE DEI POVERI (a Fabio Mineo, tarantino attraccato in Moscow)

la risoluzione del giorno
la porta il gatto di sera
con i conti dell'ammasso
sparati a colpi di cannone 
da tutti i telegiornali.
il leone che mangia pesante
come al solito,
il macigno della povertà
nascosto per bene in estrema periferia
dove il naso è sempre controvento,
la bellezza minacciata come sempre
dalla spada arrugginita
del marinaio ubriaco in libera uscita.
il transatlantico della metropoli
naviga lento
con il motore atomico
della follia umana ormai scatenata del tutto.
le cose quotidiane ormai
hanno soltanto pensieri brevissimi,
non arrivano più al giorno nuovo
perchè il domani forse
nemmeno esiste più.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

LA VISIONE DELL'AMORE

come  sappiamo essere grandi
quando la quercia è già cresciuta
da quella minuscola ghianda che era una volta,
scivoliamo come niente
in forma di coltello
in quella infinita visione di rombo
con il nostro olio scivoloso di belle parole
e ci incoroniamo cigni al suo fianco,
mentre qualcun'altro ci tira un colpo in testa
e ci trafigge con l'occhio
dell'onnipresente organizzazione.
in fretta si fa quel che si può,
raccontando in giro dopo
che ci siamo sposati con la lentezza
della più bella piuma d'amore.
ma la nostra mela se la son già venduta da tempo
senza che noi ce ne siamo nemmeno accorti.
è solo all'inizio che crediamo di saper tutto,
a conti fatti invece
siam sempre della stessa razza
dei semi cretini
che non capiscono mai nulla.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

lunedì 24 giugno 2013

IL LAMPO DEL GENIO

chi scrive è sempre il cuore
chi decide è sempre la rampa,
il lampo del genio 
che sceglie la piuma del gallo.
quel ridicolo nomignolo
che ognuno mette al suo fosso.
la massa gira in tondo
e sempre se ne rimane là,
a far l'esempio di paglia
al vero trionfatore,
che mai si sa dove splende e perché.
tutta una presa in giro
per noi, povere uova fatte solo di ricordi.
in finale si alza un pò di polvere
così chi passa avanti senza merito
lo fa in perfetto incognito.
ma tanto siam sempre noi,
o gufi
o sassolini di ghiaia per fare grattacieli.
tanto son robe che non interessano nessuno,
solo qualcuno ne parla
per darsi un pò d'aria di farfalla.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO


IL CAVALIERE METROPOLITANO

COME UN CAVALIERE METROPOLITANO
me ne vado sempre in giro
con il mio nichilismo in mano
impugnato come una spada fasulla.
muto,
ben deciso ancora a far da grondaia
a questi sguardi di vuoto
che me ne raccolgo dappertutto,
per farci un pane al forno
o un caso di follia permanente,
non saprei dire.
son cavaliere di colori passati,
nessuno si impressiona mai
a vedermi così conciato.
ho fatto 50 guerre
tutte tassativamente perse,
ho fatto delle mie sconfitte
medaglie di ruggine e  pazzia
tutte appuntate sul petto,
uno strano impulso a un incredibile vigore,
miscuglio incomprensibile di volontà
e fierezza.
un fiore di poesia
che metto sul lenzuolo ormai sporco
di tutti questi morti
che sempre ridono di me,
leccando con gusto gelati da un quintale,
mangiando con ingordigia
pizze larghe e grosse
come terrazze di lussuosi caseggiati.
son cavaliere di nulla,
che passa in silenzio,
fedele solo al suo sonno
fatto tutto di sogni di pessimo gusto.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

QUALCUNO ANCORA DECIDE SEMPRE, E NON SEI MAI TE

con tutti i libri che ho letto
decide sempre lo scarafaggio del destino
se io debba ancora distribuire
i dolcetti cretini
delle mie utopie tutte ormai fallite.
tutte tranne quel deserto
dove io ancora vagabondo
in cerca ancora dei rami di ciliegio
della mia interiore terra promessa,
impressa a fuoco nella mia anima,
come mangiata
o come eros,
non so.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO

FIORI

la scienza dell'essere è fatta di fiori,
la via più breve alla bellezza del mondo.
un dolce cammino di colori
che porta dove sorride la vita,
lontano dalle vele senza senso
e dalle spine ferme.
ci vediamo tutti in due,
quell'altro è il tuo cuore che sogna,
mentre le auto vanno a mille
sulle strade d'asfalto
roventi come inferni.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO

ESILIO, E POI ARRANGIATI COME PUOI

il profumo del brodo di pollo
che s'attesta come un gallo
ad aspettare il resoconto completo
dei nefasti pensieri,
degli addii illuminati a lampioni serali
mentre a orologio parlano i poeti
nelle radio spente,
con tutte le confessioni retrocesse
a voci scadute,
false come gli sguardi che non dicono niente.
ho combattuto per me stesso,
per troppi nomi che se son scappati,
sbagliando,
così come si suole un pò tutti.
la storia del paese dei lunghi pettegolezzi
non combatte,
se ne va per conto suo
con i suoi canestri pieni di fichi
rubati un pò qui un pò là.
il cantiere del nulla
è sempre aperto
a costruire parole
che portano sempre nella stessa piazza
di malve e passeggiate troncate.
esilio,
il solito destino
di chi crede al prossimo suo indifferente.
G. D'AMBROSIO ANGELILLO


lunedì 3 giugno 2013

IL FRANTOIO DEL MONDO

io lo so che il frantoio
macina l'olio del destino
di tutti i popoli
per produrre aria e mele
per la confusione fittizia delle lingue
che cuoce nel pentolone di ferro
del rivenditore dei gelati.
ci calpestiamo tutti a vicenda
e sorridiamo al pendolo della storia
che ormai non capisce più 
la logica irriverente dei nostri ventri.
la terra è viva
e brucia 
con le mani maledette
perse nel fango
e nel petrolio.
fortunate le nuvole
che per destino sempre se ne vanno
ancora più lontano di tutti noi,
e non pensano mai a nessuna 
dannata abbondanza.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

IL RE E' UBRIACO E SI FINGE D'ACCORDO COL MONDO

CON QUESTO VAGONE DI FIORI
dove voglio mai andare
ad accendere lo sguardo di candela
del mio destino
masticato e rimasticato da mille mari?
il tubo di luce
del mio sperare
è solo una parola
che vento dopo vento
se ne va sempre più lontano.
anche il più squallido ubriacone
si crede sempre un re di qualcosa
che non è mai nulla di nobile,
nè porta una corona
nè qualcuno che caso mai ascolti.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

E' UN CARNEVALE INFINITO L'ORIZZONTE

è un carnevale infinito l'orizzonte.
con mute cattedrali di perle
che attizzano lampi
per gli stracci di tutte le progenie.
c'è guerra sul mare,
marea immota di conflitti
per tutte le generazioni
che mandano a fuoco gli occhi
per concepire ancora 
le lacrime 
degli assurdi ascensori bloccati
degli uomini.
ma dove si va?
da dove si viene?
sempre da una cantina,
sempre in una soffitta.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

domenica 2 giugno 2013

FEMME FATALE

c'è l'inserzione nel giornale,
abbocco come un merluzzo unico.
voglio vedere la principessa nella torre.
c'è l'annuncio.
non posso tirarmi indietro.
vado all'indirizzo
con una mezza voglia di redenzione
un mezzo istinto di perdizione.
voglio finalmente vedere
la certezza del mio destino.
ma la mente ripete sempre
la lezione della prima elementare,
quando si diceva di sapere scrivere
senza sapere in effetti proprio nulla.
è una vita che mi promuovono
spingendomi in realtà
all'indietro.
per essere libero son libero
e la mia finestra dà sempre
su un cielo stellato molto bello.
è l'infinito del vivere,
come si fa di solito...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO